Come fratelli: quando la famiglia nasce da un’assenza

Come fratelli: quando la famiglia nasce da un’assenza
Durata della lettura: 3 Minuti

Dopo il riuscito Il grande passo, Antonio Padovan torna dietro la macchina da presa con Come fratelli, una commedia drammatica intima e luminosa che racconta il lutto e la rinascita attraverso uno sguardo autenticamente maschile e affettuosamente femminile. Uscito nelle sale italiane il 26 giugno, il film ha già conquistato pubblico e critica con la sua semplicità narrativa e la delicatezza emotiva.

Una genitorialità inaspettata

Giorgio (Francesco Centorame) e Alessandro (Pierpaolo Spollon) non potrebbero essere più diversi. Il primo è metodico, introverso, quasi anaffettivo; il secondo è empatico, impulsivo, con l’ironia come corazza. Eppure, un evento tragico li accomuna: la morte delle rispettive compagne, Melissa e Sabrina, amiche inseparabili che avevano scelto di crescere i figli quasi in simbiosi. Orfani e neonati, i bambini restano affidati ai due padri, che scelgono di convivere e diventare, loro malgrado, un’improbabile famiglia.

Padovan, insieme allo sceneggiatore Martino Coli, costruisce un racconto che si muove con grazia sul crinale tra commedia e malinconia. Come fratelli evita con intelligenza le trappole della retorica e del sentimentalismo facile, preferendo mostrare la quotidianità fatta di notti insonni, panni stesi, carezze impacciate e silenzi carichi di dolore.

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Due padri, una casa, nessun copione prestabilito

Spollon e Centorame trovano una sintonia rara, donando ai rispettivi personaggi uno spessore umano che trascende l’archetipo del “padre imperfetto”. La loro relazione è fatta di urti, resistenze e, lentamente, intesa. La presenza di Noël (Carlotta Antonelli), giovane ricercatrice che entrerà nella vita di Giorgio, agisce da catalizzatore emotivo, riaccendendo domande e possibilità che sembravano sepolte.

La regia di Padovan è sobria, mai invasiva, e sa come lasciare spazio agli attori e ai luoghi. Le ambientazioni domestiche — una cucina, un parco giochi, una cameretta in penombra — diventano teatro di un’umanità fragile e riconoscibile.

Un racconto che tocca, senza urlare

Tra i maggiori pregi del film c’è il suo tono sommesso ma incisivo: Come fratelli non alza mai la voce, ma riesce a farsi sentire con forza. Complice una colonna sonora discreta ma suggestiva firmata da Maria Chiara Casà e una fotografia dal gusto intimo curata da Nicola Saraval, il film trova il proprio passo nel racconto di una famiglia fuori dagli schemi ma profondamente autentica.

Non mancano le criticità: alcune dinamiche sono previste sin dall’inizio, e il passato delle due donne resta un po’ sullo sfondo, accennato più che narrato. Tuttavia, il film ha il merito di non cercare scorciatoie e di trattare i suoi personaggi con rispetto e onestà.

La rivoluzione silenziosa della paternità sullo schermo

Negli ultimi anni, il cinema italiano ha progressivamente allargato lo sguardo sulla figura paterna, disegnando ritratti sempre più sfaccettati, vulnerabili, umani. Come fratelli di Antonio Padovan si inserisce con grazia in questa traiettoria narrativa, affiancandosi a titoli come Figli (Giuseppe Bonito), Sole (Carlo Sironi) e Le meraviglie (Alice Rohrwacher).

Nel film di Padovan, Giorgio e Alessandro non sono padri perché lo hanno scelto, ma perché la vita li ha messi davanti a un bivio senza appigli. Eppure, la loro reazione non è quella della fuga, bensì del tentativo. Imperfetto, goffo, ostinato. È questo l’archetipo che si va affermando: il padre non più distante o autoritario, ma prossimo, fragile, emotivamente presente.

Non è un caso che siano sempre più numerosi i racconti cinematografici in cui la paternità si costruisce a partire da una perdita: la madre assente, la famiglia spezzata, l’adozione, la genitorialità condivisa. Questo svuotamento del modello tradizionale permette al cinema di riempire lo spazio con nuovi gesti: la carezza imprevista, il pannolino cambiato, la ninna nanna stonata.

Lontani anni luce dal padre burbero di La famiglia (Ettore Scola) o da quello assente di tanto cinema neorealista, i padri del presente non portano più risposte, ma domande. E forse è proprio questo che li rende finalmente credibili.

Come fratelli è una piccola gemma del nostro cinema contemporaneo: una storia che parla di perdita ma anche di tenerezza, di imperfezione e legami ricostruiti. Un film che, senza proclami, racconta ciò che spesso resta ai margini: che anche due padri soli, pieni di dubbi e paura, possono diventare famiglia. E che i figli, dopotutto, crescono davvero “come fratelli”.


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Author: Domenico Pecora

Domenico Pecora, nasce a Cosenza nel 1966 e negli anni ottanta inizia a frequentare le prime radio e televisioni libere dove si alterna, fino al 1993, tra le conduzioni dei Tg e le riprese video collaborando anche con importanti network. Nel 1994 intraprende la professione bancaria ma non abbandona la sua passione principale ovvero la fotografia e tutto quello che ruota intorno a questo mondo. Dal 2019 segue sistematicamente eventi nazionali come il Giro d'Italia, il Festival di Sanremo ed alcune delle fashion week della moda italiana. Al suo attivo ha pubblicazioni fotografiche su importanti riviste internazionali come Vogue e CameraPixoPress.