Il suono di Napoli e la canzone Napoletana
“Napoli è il mistero della vita, bene e male si confondono, comunque pulsa; io sono Napoli dipendente amo la grande cultura di questa città e quando ho avuto la possibilità di passare un sera con Roberto Murolo e sentirlo cantare mi è venuta in mente tutta la bellezza del mondo, tutta l’estetica e i contenuti della bellezza del mondo“
con queste parole Lucio Dalla raccontava il suo amore per Napoli e la canzone Napoletana.
Il grande cantautore paragonava la canzone “Era de Maggio”di Salvatore Di Giacomo a un componimento di Petrarca definendola come una delle canzoni più belle mai scritte, un capolavoro di poesia.
Napoli è la patria della canzone , perché la tradizione napoletana affonda le sue radici in un epoca talmente lontana da rischiare di confondersi tra le vicende di una storia mitica e leggendaria. Se con il mondo delle fiabe si apriva il mondo della poesia, con le leggende si apre il mondo della storia.
Il primo cantante della storia della canzone Napoletana non dovete immaginarlo con la faccia da scugnizzo alla Massimo Ranieri, ne con le sembianze di un elegante Renato Carosone.
Il primo cantante in realtà era una donna, non una donna qualsiasi, ma addirittura una Sirena dalla voce sinuosa e ammaliante, tanto ammaliante da indurre Ulisse a mettere a rischio la sua stessa vita , pur di trovare il modo per poterla ascoltare. Il nome di questa Sirena era Partenope, morta per amore di Ulisse sulle sponde dell’isolotto di Megaride dove sorge il Castel dell’ovo.
Inoltre il primo festival della canzone in Italia non è stato assolutamente Sanremo ma un festival canoro molto più antico, la festa di Piedigrotta, che prende il nome dalla madonna a cui i Napoletani rendono omaggio tra la notte del 7 e dell’ 8 settembre fin dal duecento.
Sicuramente la leggenda che introduce la storia si perde nella notte dei tempi, quando Napoli era città Romana, infatti la canzone trova addirittura un posto nel Satyricon di Petronio Arbitro in cui vengono descritte le grida dei venditori e le novelle dei cantastorie che mescolavano la vita alle canzoni gettando le basi di quei costumi che ancora oggi è possibili incontrare tra i vicoli napoletani.
Dal medioevo sino alla prima metà dell’ottocento, Napoli con il suo conservatorio e la sua scuola musicale è stata Capitale della musica sia colta che popolare, da Mozart a Rossini, da Bellini a Donizetti i più grandi compositori sono stati ospitati e affascinati dalla città partenopea.
Ciò che rende speciale la canzone napoletana, oltre alla sua melodia, è l’armonia linguistica con cui si sposano le note musicali.
Il periodo d’oro della canzone napoletana è senza dubbio , quello che intercorre tra la seconda metà dell’ottocento sino agli anni venti del secolo scorso; diviene famosa in tutto il mondo, spaziando in tutte le parti del globo dall’America all’Australia. La canzone napoletana la si ascoltava ovunque, nelle botteghe dei barbieri che avevano quasi tutte in dotazione una chitarra e un mandolino non era insuale assistere a concertini improvvisati da artisti di passaggio.
Era il periodo dei “Posteggiatori” che non sono quelli che vi aiutano a parcheggiare le auto ma erano musicisti ambulanti professionisti che suonavano nei ristornati più famosi della città. Era anche il periodo in cui i napoletani non si lasciarono scappare l’occasione di respirare l’aria della bella epoque come a Parigi , dei Cafè Chantant dove ci si incontrava per chiacchierare , divertire e tra una consumazione e l’altra lasciarsi intrattenere dallo spettacolo in programma, probabilmente con una canzone napoletana
“ O sole mio”, “Era de Maggio” , “Funiculi funiculà”, O surdato nnamurato” sono solo alcune delle perle che ad oggi rappresentano musicalmente la cultura italiana e l’identità napoletana all’estero.
Poeti, scrittori, e persino attori come il grande Totò, hanno contribuito a scrivere le pagine più belle della musica napoletana.
La canzone napoletana negli anni settanta
Ma l’ultimo sprazzo di grande canzone napoletana e napoletanità, che fedele al grande spirito di accoglienza culturale vede miscelare la canzone classica con le influenze Americane, lo possiamo riscontrare negli anni settanta con il Neapolitan Power di cui capostipite Napoli Centrale e Pino Daniele.
Sempre in quel magico momento storico, un gruppo di ragazzi amanti della tradizione delle propria terra , riscopre l’antica canzone popolare riproponendola al grande pubblico, questo gruppo era la nuova compagnia di canto popolare; canto popolare a differenza della canzone classica aveva una connotazione da ribellione, insofferenza, e rivoluzione come per la musica rock.
Tanti artisti continuano oggi a onorare questa tradizione raccontando le emozioni e le storie di questa città bella e ammutinata .
Sperando che le giovani leve continuino a suonare e cantare in questo clima di Napoletanità , spetta ai napoletani, al giorno d’oggi , conservare l’immenso patrimonio musicale difendendolo da chi con violenza e arroganza sta associando la vera Canzone napoletana, ad una deriva contemporanea poco consona alla vera tradizione partenopea.
Restiamo fiduciosi, la melodia di Napoli è un’eco eterna, che risuona sempre nei cuori di chi la ama.