Vangelo e Meditazione della XXIII Domenica del Tempo Ordinario Anno A a cura di Don Giacomo Equestre.
Dal Vangelo secondo Matteo 18,15-20
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni.
Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà.
Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
Parola del Signore
Meditazione
Gesù sta insegnando ai suoi discepoli a ripensare la loro piccola comunità in un’ottica nuova. In sintesi li sta aiutando ad imparare secondo la logica del noi e non del io, facendo loro capire che proprio a partire dal noi l’uomo ritrova se stesso ed è felice.
Una delle fatiche più grandi è proprio quella del perdono. Il perdono per Gesù non è semplicemente dimenticare e non vendicarsi, ma è molto di più.
E’ il tentativo di ritrovare il noi quando un torto subìto o fatto ha rotto la comunione.
L’insegnamento di questa pagina del Vangelo è straordinario: “Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’…”.
Ecco la cosa straordinaria! Andare! Non rimanere fermi nel rancore e nelle proprie ragioni. Un litigio, una ingiustizia, una incomprensione hanno rotto il noi, allora bisogna non rimanere fermi e bisogna far in modo di guadagnare il fratello.
L’una o l’altra parte si devono muovere, e Gesù, sempre coraggioso e provocatorio, dice che è proprio la parte offesa a doversi muovere per prima.
E il fine non è una semplice giustizia umana, ma quella divina, cioè ritrovare quella sintonia perduta.
Non è facile ritrovare il noi specialmente quando le rotture sono profonde e talvolta irrisolvibili.
Gesù consiglia di farsi aiutare da due o tre, che come testimoni sono un aiuto non a dividere ulteriormente ma a ricucire i rapporti.
E se una frattura tra due persone della comunità diventa insanabile? Gesù è preciso nel dire che “sia per te come il pagano e il pubblicano”, e non per tutta la comunità.
Non ci sono scomuniche e allontanamenti definitivi.
Quelli spettano a Dio e al suo giudizio finale.
A noi rimane l’insegnamento di Gesù di “amare i propri nemici” come ultima spiaggia di fronte a ogni rottura.
Gesù amava tutti, la sua famiglia e i suoi amici che lo ricambiavano, ma amava anche i più lontani e li amava per primo anche senza ricevere il contraccambio.
Ecco cosa significa “sia per te come il pagano e il pubblicano”: se non vi amate come fratelli, almeno ama l’altro come farebbe Gesù, sempre e comunque.
Se imparo sempre più a pensare con il noi nella testa e nel cuore ritroverò sempre più la bellezza di Dio nel mio io.
Buona domenica
Vangelo e Meditazione di Don Giacomo Equestre
Foto: Ambito veneto inizio sec. XV, Gesù e discepoli