“Storie di pizza”: il documentario sulla pizza napoletana a breve su Amazon Prime

“Storie di pizza”: il documentario sulla pizza napoletana a breve su Amazon Prime
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Durata della lettura: 3 Minuti

Ogni anno solo in Italia vengono sfornati circa tre miliardi di pizze. Il piatto che ha fatto conoscere Napoli e l’Italia al mondo sarà protagonista di “Storie di pizza”, un documentario che sarà disponibile su Amazon Prime entro il prossimo autunno. Il progetto è stato presentato oggi dagli ideatori, Luca Carcano e Bruno Avagliano, presso la Camera dei Deputati, a Roma, insieme a Flavia Corrado (che sarà la conduttrice), famosa per la sua pagina Instagram Zia Flavia Foodnboobs, e Luciano Pignataro, giornalista de Il Mattino.

Post in breve

L’idea dietro “Storie di pizza” e i prossimi step

“Storie di pizza” è un viaggio alla scoperta delle eccellenze che costituiscono il prodotto pizza. Il documentario durerà tra i 50 e i 70 minuti e sarà proiettato nei cinema di Napoli, Roma e Milano prima di uscire su Amazon Prime.

La troupe trascorrerà sette giorni a Napoli, visitando i luoghi emblematici e intervistando gli attori principali lungo la filiera del prodotto pizza, come Caputo e Ferrara. Non mancheranno volti noti come quello di Sorbillo, con contenuti esclusivi e piccole chicche. «Questo è un primo passo per raccontare il made in Italy a livello internazionale – ha spiegato Luca Carcano, registra del documentario – Dobbiamo essere orgogliosi dei prodotti che abbiamo perché ci imitano veramente in tanti. In Italia abbiamo non so quante DOP, DOC e patrimoni Unesco in ogni dove. Ci auguriamo che storie di pizza sia solo la prima di diverse edizioni, perché sulla pizza c’è tanto da raccontare e non è possibile rinchiudere tutto in un solo documentario».

Una storia lunga più di cento anni

La pizza margherita nacque nel 1889 in onore della Regina d’Italia, Margherita di Savoia, e non a caso i suoi colori si rifanno a quelli della bandiera italiana. E così, dopo quasi 200 anni di storia, la pizza napoletana si trasformò anche in un piatto per l’alta nobiltà. La pizza, infatti, nacque alla fine del 700 per sfamare le persone che dovevano stare in giro tutta la giornata: all’epoca Neapolis era già una delle città più popolate del mondo. «Fu realizzato un forno ad hoc – ha spiegato Luciano Pignatano – il caratteristico forno napoletano a bocca di luna che consente la cottura della pizza in 90 secondi grazie alla capacità di raggiungere temperature di 400° C».

E oggi, fare i pizzaioli è un lavoro di tutto rispetto, ma non solo. La pizza è uno straordinario motore economico per i quartieri più disagiati. Sono tanti i giovani che trovano la loro strada in quella che può definirsi una forma di arte, nel 2017 riconosciuta dall’UNESCO patrimonio immateriale dell’umanità. «Negli ultimi anni questo è diventato un fenomeno italiano – ha continuato Pignataro – Oggi “pizza” significa anche lavoro per tanti giovani ed è un mestiere di cui andare orgogliosi. “Pizza” significa aiutare l’agricoltura italiana di precisione, nel senso che in questa gara verso il meglio i pizzaioli hanno sostenuto piccole produzioni, contribuendo al rilancio di prodotti importanti come San Marzano come il piennolo».

La pizza napoletana padrona dell’Italia e del mondo

«Si stima, che ogni anno in Italia vengono sfornati circa tre miliardi di pizze – ha spiegato Bruno Avagliano – Un numero di per sé impressionante che però rispetto al mercato americano diventa ridicolo: su 350 milioni di americani il 93% consuma questo prodotto una volta a settimana. Negli Stati Uniti sono presenti circa 190.000 pizzerie».

Eccellenze che però vanno tutelate. Infatti, da diverso tempo ha preso piede un fenomeno, l’Italian Sounding, che consiste nell’utilizzo, su etichette e confezioni, di denominazioni, riferimenti, immagini e marchi che evocano l’Italia per commercializzare prodotti non autentici. Questa pratica mette a rischio la salute dei consumatori e l’economia italiana. «Solo in Italia si parla di un business di circa 15 miliardi di euro e 200mila posti di lavoro – ha spiegato il deputato Luigi D’Eramo, Sottosegretario di Stato per l’Agricoltura, la sovranità alimentare e le foreste – Secondo Italmopa (Associazione Industriali Mugnai d’Italia) parliamo di circa 400 milioni di chilogrammi di farina utilizzati con un’attenta selezione, 225 milioni di chilogrammi di mozzarella, 30 milioni di chilogrammi di olio d’oliva e 260 milioni di chilogrammi di salsa di pomodoro. Numeri importanti che rappresentano anche un punto di vista economico ed occupazionale, una colonna portante del nostro mondo economico».

Author: Alessandra Romano

Alessandra Romano nasce a Napoli nel 1999. Laureata magistrale in Comunicazione Scientifica Biomedica e con un master in Giornalismo scientifico presso l'Università degli studi di Roma "La Sapienza". Scrive articoli per riviste e blog scientifici.