Cellule dendritiche: possibile ruolo nei vaccini

Cellule dendritiche: possibile ruolo nei vaccini
Print Friendly, PDF & Email
Durata della lettura: 2 Minuti

Le cellule dendritiche potenziano l’efficacia dei vaccini nei bambini. La scoperta arriva dalla Germania, in particolare da Monaco, dove un gruppo di ricerca guidato dalla professoressa Barbara Schraml ha condotto uno studio sulle funzioni di regolazione delle cellule dendritiche nei bambini presso il Centro biomedico della LMU. Elemento cruciale del sistema immunitario, tali cellule posseggono diversi prolungamenti dotati di recettori che captano gli antigeni e li conducono ai linfociti. Esse sono costituite da sottoinsiemi, come i cDC2, le cui funzioni sono strettamente dipendenti dall’età. Nello specifico, esse hanno una diversa capacità di captare i patogeni, producono citochine che inducono la differenziazione delle T-cells sia durante l’infanzia che l’età adulta. La ricerca ha voluto sondare tali differenze di regolazione tra le due fasi di vita.

Quale ruolo?

Durante la fase embrionale il sacco vitellino concorre alla formazione delle cellule ematopoietiche che, in una fase di sviluppo più avanzata, si differenziano in cellule dendritiche. La loro importanza è legata alla loro capacità di captare i patogeni e trasportarli ai linfoidi, contenenti cellule come linfociti T e B. Per questo possono essere efficaci e potenziare i vaccini. I primi sono citotossici e inducono la morte nella cellula infettata, mentre i secondi producono anticorpi, in quanto le B cells contribuiscono alla memoria immunologica nella risposta adattativa. La risposta ripetuta a prodotti microbici o a segnali forniti da linfociti T attivati determina il processo di “maturazione” delle cellule.
Le cellule dendritiche, inoltre, sono tra i principali precursori delle naive T cells, le prime ad entrare in contatto con i patogeni in età infantile. Lo studio condotto dalla Shraml ha selezionato cellule di modelli murini che sono state poi confrontate con quelle umane, evidenziando una differenza significativa tra il sistema immunitario degli adulti e quello dei neonati, nel quale queste cellule sono considerate sottosviluppate o immature. Questo comporta una maggiore esposizione alle malattie, e quindi al rischio di contrarre infezioni.
Per lo studio della Schraml sui vaccini sono stati scelti modelli murini ai primi giorni di vita che, al pari dei neonati, presentano delle cellule dendritiche immature. I bassi livelli di MHCII (Complesso Maggiore di Istocompatibilità di Classe II) e le piccole dimensioni di queste cellule contribuiscono a una bassa stimolazione delle T cells. Tali cellule presentano però un numero maggiore di molecole stimolanti la difesa contro il patogeno rispetto al sangue periferico umano. Tale aspetto potrebbe potenziare la risposta immunitaria sia adattiva che innata nei neonati, oltre a costituire un valido elemento per migliorare l’efficacia dei vaccini.

Author: Alessandra Romano

Alessandra Romano nasce a Napoli nel 1999. Laureata magistrale in Comunicazione Scientifica Biomedica e con un master in Giornalismo scientifico presso l'Università degli studi di Roma "La Sapienza". Scrive articoli per riviste e blog scientifici.