Vaccinarsi contro il Covid-19 in gravidanza è possibile

Vaccinarsi in dolce attesa si può e lo dimostra uno studio condotto da otto organizzazioni sanitarie statunitensi su un campione di 10.064 gestanti tra il 15 dicembre 2020 e il 22 luglio 2021. Ognuna ha ricevuto una dose di vaccino a mRNA...
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Vaccinarsi in dolce attesa si può e lo dimostra uno studio condotto da otto organizzazioni sanitarie statunitensi su un campione di 10.064 gestanti tra il 15 dicembre 2020 e il 22 luglio 2021. Ognuna ha ricevuto una dose di vaccino a mRNA tra Pfizer-BioNTech, Moderna e Janssen. Per ogni 100 partecipanti solo il 6,6 % ha avuto un parto prematuro o i bambini appena nati presentavano SGA (Small for Gestational Age), cioè un peso inferiore alla norma (8,6 % su 100 casi). Rassicurare le donne in dolce attesa, dimostrando loro che è molto più sicuro vaccinarsi che non farlo, potrebbe aumentare il tasso di vaccinazione in gravidanza.

Contrarre il Covid-19 in gravidanza, nella forma sintomatica, aumenta il rischio di finire in terapia intensiva, la necessità di ventilazione meccanica invasiva (intubazione) e il rischio di morte del 70 % rispetto alle altre donne sintomatiche.

Come si è svolto lo studio

I ricercatori hanno individuato donne in età compresa tra i 16 e i 49 anni stimando l’inizio della gravidanza tra il 17 maggio e il 24 ottobre 2020 e prevendendo il parto, basato su 40 settimane di gestazione, tra il 21 febbraio e il 31 luglio 2021. Su 46.079 donne, il 21,8% (10.064) è stato ritenuto idoneo, è stato identificato tramite l’uso di un algoritmo che ha stimato la data di inizio gravidanza (equivalente all’ultimo ciclo mestruale) e la data prevista per il parto. Il 54,4 % delle partecipanti ha ricevuto Pfizer-BioNTech, il 41,1 % Moderna e il restante 4,2 % Janssen.

Lo studio ha sondato anche la propensione a vaccinarsi in gravidanza tramite modelli Cox, che hanno consentito di stimare il rapporto di rischio tra la vaccinazione in gravidanza e l’incidenza dei parti pretermine e della SGA nei nati. Alcune variabili considerate sono state: l’età materna, l’etnia, l’adeguatezza delle cure prenatali, la presenza di comorbidità materne, l’indice di deprivazione del quartiere.

Le adesioni maggiori si concentrano tra le donne bianche non ispaniche, obese (prima della gravidanza o nel primo semestre) e in coloro che hanno delle cure prenatali adeguate. Infine, lo studio ha riscontrato altre differenze del tasso di vaccinazione tra un semestre e l’altro, con l’1,7 % che ha ricevuto la prima (o unica) dose nel primo, il 36,5 % nel secondo e il 61,8 % nel terzo.

I risultati dello studio

Lo studio smentisce i rischi della vaccinazione in gravidanza, data la bassissima percentuale di parti prematuri (solo il 6,6 % per ogni 100 partecipanti) e di SGA negli appena nati (8,6 % ogni 100 partecipanti). In un altro studio, condotto nel Regno Unito, su un campione di circa 1.138 gestanti, il 10,5 % che ha ricevuto il vaccino non ha riscontrato differenze di esiti alle nascite rispetto alle non vaccinate.

Gli studi sono ancora in corso e il lavoro statunitense presenta dei limiti, in quanto mancano dati come pregressi parti pretermine o SGA nei nati delle gestanti, oppure dati su precedenti infezioni al SARS-COV-2 che potrebbero aver influito sulla propensione a vaccinarsi.

Author: Alessandra Romano

Alessandra Romano nasce a Napoli nel 1999. Laureata magistrale in Comunicazione Scientifica Biomedica e con un master in Giornalismo scientifico presso l'Università degli studi di Roma "La Sapienza". Scrive articoli per riviste e blog scientifici.